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Brand-videogiochi, un alleanza possibile? La storia di Blaster Foundry

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Abbiamo intervistato il Ceo della startup catanese Francesco Fichera

Abbiamo intervistato il Ceo della startup catanese Francesco Fichera

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Alessandro Di Stefano
26 gen 2022

Su StartupItalia non seguiamo soltanto l’evoluzione dei giganti – come Microsoft che spende 70 miliardi per Activision – e i gameplay dei titoli tripla A. E neppure ci interessiamo soltanto all’ecosistema delle software house indipendenti. Questo perché il nuovo dizionario videoludico ha esondato dagli argini di un tempo. Il mobile gaming gioca la parte del leone a livello globale e sempre più persone sono classificate come casual gamer, ovvero utenti che si divertono a giocare ogni tanto sul proprio smartphone. Tutto, del resto, passa ormai da questo dispositivo, pubblicità compresa. Unendo questi fattori sono spuntate anche in Italia diverse startup che hanno fuso il divertimento alla necessità da parte dei brand di raggiungere il proprio pubblico. Lo chiamano advergame e, in questa circostanza, ce lo siamo fatto spiegare da Blaster Foundry, startup – qui il sito ufficiale – fondata a Catania nel febbraio 2021 e che aveva vinto la Instal 4 Startup Challenge al SIOS21 Summer Edition. Abbiamo intervistato il Ceo, Francesco Fichera.

«Dopo un’esperienza in Creation Dose e all’estero nel campo del marketing ho deciso di tornare in Sicilia per dare vita a qualcosa di nuovo – ci ha raccontato Francesco -. Ci siamo confrontati con il cosiddetto affaticamento di annunci online e così abbiamo capito che il miglior modo per i brand di migliorare il dialogo con l’audience è proprio passando dai videogiochi». La strada proposta da Blaster Foundry si discosta molto dagli annunci che non sempre acchiappano e che interrompono la fruizione dei video su YouTube, per esempio. In quasi un anno di attività sono circa 1500 i giocatori dei titoli sviluppati da questa software house votata al marketing, che fonde il brand all’interno di un gameplay. «Impieghiamo tre settimane a sviluppare un videogioco per il web, disponibile su smarthpone, tablet e desktop, e con il cliente stabiliamo anche un piano editoriale per raggiungere gli obiettivi».

Ma cosa può raggiungere un brand tramite un videogioco su misura? «Tra gli obiettivi più richiesti c’è la brand awarness». E, se guardiamo ai casi più noti degli ultimi anni, comprendiamo quanto certi videogiochi abbiano fatto breccia pure sulla stampa nazionale perché, per quanto folli e dal divertimento usa-e-getta, riuscivano a far parlare di sè. Alcuni neppure erano nati come advergame – come il titolo su De Luca che usa il lanciafiamme contro i laureati che fanno festa – ma hanno reso l’idea di quanto stampa e pubblico siano interessati a quel che viene prodotto da questa industria, a tutti i livelli.

Il team di Blaster Foundry è composto da sei persone e a breve dovrebbe essere lanciata una campagna di crowdfunding. «Nel frattempo stiamo anche sviluppando un plug in che ci consentirà di replicare i gameplay facilmente». In altre parole: se il genere platform dovesse risultare tra i preferiti dai clienti, le tre settimane necessarie per lo sviluppo potrebbero ridursi drasticamente e favorire così la scalabilità del business. Ma oltre alla diffusione di un brand cosa può portare un videogioco?

I brand sono sempre in cerca di lead generation, ovvero raccogliere contatti interessanti – nella forma di mail, per esempio – che potranno essere utilizzati per organizzare campagne di marketing successive. Come si può ottenere questo in un videogioco? «In tanti modi – ci ha spiegato il Ceo di Blaster Foundry – ad esempio un titolo potrebbe chiedere all’utente di registrarsi con il profilo Instagram dopo la morte del personaggio. E così dare la possibilità al gamer di tornare a giocare».

Tags: #BLASTER-FOUNDRY #VIDEOGIOCHI
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