Su StartupItalia è tempo dei nostri best of: rileggi le migliori storie raccontate nel 2023 per la rubrica “Venti di Futuro”. Un modo per rivivere l’anno partendo da quei ventenni in grado di ispirare. Perché il futuro nelle loro mani è in buone mani
Venti di Futuro è la rubrica di StartupItalia firmata da Eleonora Chioda. Un racconto di quella Generazione Z che sta cambiando il mondo. In questo post dieci storie di ventenni che stanno facendo la differenza, fondando startup e rompendo gli schemi. Profili in grado di ispirare e farci credere che il futuro nelle loro mani è in buone mani. Rileggi anche i best of dedicati agli investitori, alle Unstoppable Women, alle innovatrici e innovatori d’Italia.
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Mattia Barbarossa
«Ho scalato il Vesuvio almeno 10 volte, ho inseguito centinaia di temporali, cercando di fotografare i fulmini. A 12 anni ho cominciato a studiare lo spazio. Ho deciso da bambino di voler dedicare la mia vita al progresso scientifico. Una settimana dopo aver compiuto 18 anni, ho fondato una startup». Mattia Barbarossa è il più giovane imprenditore aerospaziale del mondo («Cosi dicono, ma non mi interessa») . La sua startup si chiama Sidereus Space Dynamics. L’ha fondata a Napoli grazie a 10 mila euro investiti da alcuni business Angel. Lo scorso anno ha chiuso un round di 1,5 milioni di euro, sottoscritto da Cdp Venture Capital tramite il Fondo Italia Venture II, e il fondo Primo Space. Il settore è quello della new space economy. Il nome Sidereus Space Dynamics è un omaggio al trattato di Galileo Galilei e racchiude un programma: realizzare tecnologie per viaggiare nello spazio.
Petru Capatina
«Siamo nati per scuotere il mondo e rendere visibile una battaglia invisibile. È difficile, complesso, a volte anche doloroso ma possiamo toccare una realtà e cambiarla. E questa è la mia motivazione più grande». Lui è Petru Capatina, con Paolo Bottiglieri ha creato WeGlad, un’app che mappa l’accessibilità di strade e locali pubblici per chi ha difficoltà e disabilità motorie. Registra buche, gradini, marciapiedi senza scivoli, ostacoli. È una sorta di Google Maps che semplifica la mobilità e sfida aziende, comuni e cittadini a essere protagonisti attivi di un mondo migliore. Funziona cosi: ogni volta che si vede una barriera, la si fotografa e si carica la foto sull’applicazione. «WeGlad significa Benvenuto Gladiatore: rappresenta le persone con difficoltà motorie che combattono ogni giorno, nell’Arena della vita, contro difficoltà che non hanno scelto».
Laura De Dilectis
A 27 anni una giovane psicologa lancia un servizio di videochiamate su Instagram per accompagnare le ragazze a casa quando rientrano sole di notte. Si chiama Viola walk home, è attivo 24 ore su 24. In due anni, il progetto è diventato un movimento enorme. Si è diffuso all’estero e lei ha appena ritirato il Myllennium Award, come miglior startup a impatto sociale. Lei è Laura De Dilectis, da sempre ha il desiderio di combattere la violenza di genere. Oggi ha 29 anni e ha trasformato questo servizio di videochiamate per tornare a casa sane e salve e in una startup: Viola. «Avevo 13 anni quando ho scelto di diventare psicologa. Stavo male e volevo capire perché. Ho deciso di ascoltare i più deboli, per ascoltare me stessa. E ho finito per capire che quello che volevo fare nella vita era avere un impatto sulla società».
Manila Di Giovanni
A soli 22 anni ha fondato una startup e creato il primo Metaverso al mondo di uno Stato, il Principato di Monaco. Manila di Giovanni, genovese di mamma filippina, ha vinto il Prix Monte-Carlo Femme de l’Année 2023, il premio Donna dell’anno. Di lei ha parlato Touch, il programma di RaiPlay che racconta il futuro, Radio24 in Non mi capisci e il Monaco Daily News. «Perché Monaco? È uno stato piccolo, di soli due chilometri quadrati. Abbiamo ricreato completamente i 5 quartieri della città. Qui si possono aprire negozi, creare ristoranti stellati, compare case. Un’economia totalmente virtuale, parallela, che però è collegata con la realtà. Le aziende possono vendere prodotti e servizi. Il Metaverso diventa una nuova vetrina globale per vendere in tutto il mondo e aumentare il fatturato, McKinzie ha previsto che l’industria del Metaverso costituirà entro il 2030 più del 15% del fatturato di tutto le aziende».
Andrea Ferrero
Era un ragazzino nerd che a 14 anni già smanettava sul web. Arriva una nuova tecnologia: Bitcoin, e lui ne rimane affascinato. Si avvicina al bitcoin, prima per gioco. Ma tutti ne parlano come qualcosa di pericoloso. Lui cresce, studia, e «quando ho avuto le capacità intellettuali per comprendere il fenomeno» si innamora, ci vede un valore. A 21 anni con ex sei compagni di scuola fonda una piattaforma per lo scambio di criptovalute. «Bitcoin è la moneta della nostra generazione e vogliamo educare a questo asset digitale, perché tutti imparino a usarla correttamente. Altrimenti il futuro sarà nero per noi». Lui è Andrea Ferrero, 26 anni, è il Ceo e founder di Young Platform, una SPA che negli anni scorsi ha raccolto fondi da investitori importanti. Qual è la situazione sui bitcoin? Come leggi il momento che stanno attraversando? È la prima domanda che gli faccio. «Nel grande pubblico è diminuito l’interesse, ma è aumentato l’interesse degli investitori istituzionali, di fondi e banche. Stiamo vivendo una fase di attesa e di studio».
Alessandro Marinella
«Ho sempre dovuto lottare con chi mi credeva soltanto “il figlio di…” Sono nato e cresciuto con questo pregiudizio. Avevo tre strade davanti a me. Potevo ignorare la questione, scoraggiarmi o viverla come uno stimolo per fare meglio. Ho scelto l’ultima strada, dimostrando dentro e fuori l’azienda che ero lì perché me lo meritavo». Alessandro Marinella, 28 anni appena compiuti, è general manager della E. Marinella, storico brand nato a Napoli che con le sue cravatte ha conquistato il mondo. Quarta generazione. È lui che sta portando l’innovazione in azienda, diversificando ma tenendo ferma l’altissima qualità sartoriale. In questa bottega di soli 20 metri quadri, che qualche anno fa ha vinto il secondo posto tra le aziende al mondo con il miglior rapporto tra metri quadrati e fatturato, è passato tutto il gotha mondiale. I presidenti degli Stati Uniti, tutti i membri della famiglia Kennedy, le famiglie reali, i presidenti della Repubblica Italiana, gli industriali, gli imprenditori. Edoardo De Filippo, Mastroianni, Totò.
Davide Nejoumi
Ha 24 anni e un sogno: diventare astronauta. Ma anziché limitarsi a sognare, Davide Nejoumi rompe gli schemi e trova nuove strade per arrivare alle stelle. Si è iscritto a Ingegneria Aerospaziale in ritardo, a 23 anni, e ora sta frequentando il secondo anno. Intanto ha imparato il cinese, fondato la startup Delta Space Leonis per creare pico-satelliti che spera di mandare presto in orbita. La sua passione per lo spazio nasce a 13 anni. Come ricompensa per aver ideato l’impianto elettrico della villetta di famiglia, chiede un telescopio. «Lì ho iniziato a vedere cose bellissime, le lune di Giove, gli anelli di Saturno e le stelle». Intanto passa il tempo libero a smontare e riparare oggetti, tv, computer, telefoni. Mio papà mi diceva sempre: «Rompilo di più, tanto è già rotto». Le sere dei weekend le passa sempre a casa dei nonni a vedere Superquark. «Era quel momento pazzesco in cui tutta la famiglia si radunava davanti alla televisione. Non c’era Netflix o le serie da scaricare. C’erano i programmi TV e Piero Angela. La persona che più mi ha ispirato quando ero un ragazzino. Mi ha insegnato il piacere della scoperta».
Andrea Nuzzo
«Non chiamatemi influencer, io sono un unfluencer. Cambia una sola lettera, ma cambia tutto» Andrea Nuzzo, 26 anni, romano, è un creator digitale. Conosciuto come il papà di “Sii come Bill”, coordina un gruppo di unfluencer, giovani unconventional influencer che vogliono rendere i social un posto migliore. Sei ragazzi, tutti under 30, propongono nuovi modelli educativi, competenze e notizie. Trattano un sacco di materie con ironia e leggerezza. Così Linguistica, Storia, Filosofia, Scienze, Arte e Nuove tecnologie non hanno più segreti per la Generazione Z. L’università li guarda con attenzione, i musei li chiamano, le scuole li vogliono.
Giuseppe Pirillo e Denis Olivero
Stanchi di vedere mozziconi di sigaretta sui marciapiedi, due maker giovanissimi creano un robot per raccoglierli. Partecipano alla Maker Faire, la manifestazione che racconta il mondo degli innovatori, a Trieste e a Roma, vincono premi e si fanno notare. Loro sono Giuseppe Pirillo, 17 anni e già al primo anno di ingegneria all’Università di Napoli e Denis Oliviero, 18 anni, V liceo scientifico. Due amici di Ercolano, uniti dalla passione per la robotica, con il sogno di usare la tecnologia per risolvere un problema, causa non solo di sporcizia ma anche di inquinamento. Il loro progetto si chiama RoboButts «Il nostro prototipo è composto da due parti: una parte mobile e un braccio robotico. Il dispositivo presenta numerosi sensori e motori controllati da schede elettroniche dedicate. Per la sua progettazione abbiamo unito un insieme di conoscenze e competenze diverse che vanno dall’ ingegneria, alla robotica, alla prototipazione meccanica e all’ elettronica».
Guglielmo Schenardi
A 12 anni insegnava Internet agli adulti. Scriveva un blog chiamato Gullisc. A 13 accompagnava adolescenti e genitori alla scoperta dei social in un progetto di Nesquik. A 14 era già un nerd conosciuto al punto che MTV News gli ha dedicato una puntata di “Nerd è figo”. A 23 anni Guglielmo Schenardi ha lanciato Rita Personal Data, startup che difende la privacy e aiuta le persone a gestire i propri dati. Ha raccolto finanziamenti per un milione di euro. Oggi ha quasi 24 anni e vive tra Amsterdam (dove è stata fondata Rita) e Genova dove è nato e cresciuto lui. «Genova rispecchia i miei valori. E’ una città aperta, concreta e laboriosa. Testa bassa e lavorare». Guglielmo è cosi. Passione per la tecnologia e un’adolescenza passata a fare impresa. «Ho organizzato il più grande torneo di calcetto di Genova, coinvolgendo 450 giocatori. Ho importato vino rosé. Ho creato un network di alloggi in affitto per gli studenti: ne ho gestiti più di 80. Ho fatto tanti errori e imparato tantissimo. Uno studente su due vorrebbe fare impresa ma non ci riesce, perché è difficile conciliare studi e impresa».