Nominato nel 2023, Teodoro Valente guida l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), tra i principali contribuenti dell’ESA. Sul territorio nazionale ha avviato 65 azioni di incubazione per idee innovative da applicare. L’intervista nella nuova puntata del viaggio alla scoperta delle aziende italiane leader della space economy
Un’industria che ogni anno registra un giro d’affari da 2 miliardi di euro (e la cifra è destinata a crescere). Oltre un’azienda su dieci, delle 300 attive, è una startup innovativa. E in tutto 70mila persone impiegate nel comparto. Torniamo a parlare di space economy in Italia, con la terza e ultima puntata del nostro viaggio che ha fatto tappa in un settore di rilievo strategico non soltanto per il Paese, ma per l’Europa. Vale per le grandi corporate così come per i team più piccoli, al lavoro su tecnologie e servizi innovativi. «Finora abbiamo avuto 65 azioni di incubazione. Le startup sono fondamentali perché sono aziende dotate di flessibilità e dinamismo, in cui è più facile innescare processi di innovazione», ci ha spiegato Teodoro Valente, intervistato da StartupItalia. Il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, nominato nel 2023, ci ha raccontato cosa fa l’ASI con le startup, facendo emergere dati e trend di un settore che ci vede tra i leader a livello internazionale, grazie a una presenza capillare di distretti d’eccellenza da nord a sud. In questo articolo, pubblicato proprio in occasione della pubblicazione di dati sull’ecosistema della space economy nazionale, avevamo elencato alcune delle aziende innovative più interessanti, e diverse di queste sono presenti nella lista delle Top 100 e oltre segnalate dalla redazione di StartupItalia in vista di SIOS23, il 21 dicembre a Milano.
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Come ASI ci può raccontare qual è il lavoro che fate con le startup?
Tra le azioni che portiamo avanti ci sono i rapporti con i distretti tecnologici, in particolare con il cluster tecnologico nazionale dell’aerospazio. Abbiamo poi il programma ESA BIC, che sta per Business Incubation Center. Si tratta di una rete nazionale che afferisce al network dei BIC dell’ESA. La prima misura degli ESA BIC risale al 2016. In questo momento abbiamo un ESA BIC nel Lazio, quello storico gestito da Lazio Innova. Poi abbiamo ESA BIC di Torino, partito nel 2021 e gestito da I3P. Gli ultimi tre inaugurati sono a Milano, gestito da Polihub, a Padova, gestito da Officine Stellari, e a Brindisi, gestito dal distretto tecnologico aerospaziale della Puglia. Molto probabilmente faremo un nuovo ESA BIC al Sud.
Che obiettivi hanno gli ESA BIC?
Sono di supporto a ricercatori e giovani imprenditori per la creazione di aziende e di startup. Ha due possibili linee di azione: applicazione di tecnologie e know di derivazione spaziale in altri settori che non siano space, il cosiddetto downstream; e l’altra punta a proporre tecnologie nel settore spaziale per applicazioni upstream. Ci sono finanziamenti a fondo perduto insieme a una parte di cofinanziamento, in carico alle Regioni che ospitano i BIC. Finora abbiamo avuto 65 azioni di incubazione. Nell’ESA BIC del Lazio abbiamo oltre il 90% di incubazione sul downstream, in Piemonte invece abbiamo circa il 90% di applicazioni su upstream.
Ci può dare qualche numero su indotto, posti di lavoro della space economy in Italia?
Ci sono circa 300 soggetti industriali: quasi il 70% è composto da PMI, il 17% da grandi player e il restante da startup. Ci sono più di dieci distretti tecnologici e circa una settantina di nodi tra università ed enti di ricerca. Questo quota nel complesso circa 70mila persone e un volume di affari che si attesta intorno ai 2 miliardi di euro l’anno. In futuro ci si aspettano trend di crescita significativi.
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Di recente abbiamo intervistato Luca Parmitano: ci ha parlato del ruolo strategico dell’Italia a livello europeo. In che cosa siamo davvero bravi noi italiani?
L’Italia è l’unico Paese in Europa che ha leadership consolidate in tutti i settori disciplinari dello spazio: osservazione della Terra, esplorazione robotica e umana, la scienza dell’universo e delle telecomunicazioni e la navigazione. Praticamente tutto. Siamo in grado di realizzare satelliti strategici, come Cosmo SkyMed e il satellite iperspettrale Prisma. Altro settore su cui siamo fortissimi è quello delle infrastrutture orbitanti: circa il 50% dei volumi pressurizzati della Stazione Spaziale Internazionale lato Stati Uniti è stato fatto da aziende italiane. C’è una forte richiesta da parte diella NASA per quanto riguarda il programma Artemis. Penso per esempio ai moduli abitativi lunari.
E per quanto riguarda le missioni interplanetarie?
Anche in questo ambito abbiamo posizione di primo piano. Basti ricordare la missione su Marte: siamo in punta di tecnologia per quanto attiene il lancio con il lanciatore Vega. Abbiamo un ruolo importantissimo per la scienza e la ricerca dello spazio. Pensiamo a Euclid, il telescopio in cui il ruolo dell’ASI e dell’Italia è fondamentale, e alla rete di telescopi Flyeye finanziata con circa 55 milioni dall’ASI, che serve al tracking dei detriti.
Le startup giocano un ruolo non preponderante, visti i numeri. Qual è il loro ruolo nell’ecosistema?
Faccio riferimento agli USA: le startup sono fondamentali perché sono aziende dotate di flessibilità e dinamismo, in cui è più facile innescare processi di innovazione. Le attività dello spazio stanno cominciando ad avere una progressiva distinzione: da una parte attività istituzionali e dall’altra attività commerciali. Quando c’è quest’ultimo aspetto ci devono essere i privati. Bisogna prevedere l’ingresso anche di investitori privati.
A livello di competenze e professioni quali sono i lavori più ricercati al momento nella space economy?
L’approccio è di carattere multidisciplinare. Non vorrei dire che serve tutto, ma quasi. Gli aspetti tecnici fanno riferimento alle laurea in ingegneria; gli aspetti scientifici riguardano lauree in fisica, matematica, fisica, biologia; ci sono gli aspetti giuridici da considerare e così gli aspetti economici. Noto una grossa convergenza di possibilità.