Si chiama growth mindset, ovvero una mentalità orientata al miglioramento continuo, che fa la fortuna delle startup e PMI italiane che ambiscono a conquistare gli Stati Uniti. Lo svela Stefania Monda, napoletana, avvocato a New York. Nella Grande Mela ha fondato uno studio legale, Tech Legal Partners, che supporta proprio startup, PMI innovative e aziende con una forte impronta tecnologica, che vogliono crescere negli Stati Uniti e perseguire il proprio sogno americano.
Come ha fatto Stefania che, partita per amore con destinazione New York, si è messa alla prova, ha sfidato la sua zona di comfort e oggi affronta la vita con una massima newyorchese, “più vai avanti e più riesci a vedere lontano”. L’abbiamo incontrata su Meet per farle qualche domanda sul suo lavoro, le opportunità e gli errori da non commettere per gli imprenditori italiani vogliono farsi conoscere nel mercato americano.
Gavetta in Italia, poi la Columbia University
Laurea in Giurisprudenza all’Università Federico II di Napoli, Stefania inizia la sua carriera come assistente universitaria di Diritto Privato. Poi la prima tappa del suo viaggio: Milano. Qui vince un dottorato di ricerca in Diritto dell’impresa presso l’Università Bocconi e inizia la gavetta lavorando in alcuni studi legali (si occupava principalmente di fusioni e acquisizioni). L’esperienza in Italia le permette di comprendere a fondo la cultura imprenditoriale italiana e con questo bagaglio decide di proseguire gli studi negli Stati Uniti, dove consegue un Master in Legge con specializzazione in diritto societario, presso la Columbia University, tra le università americane più selettive: «Senza borse di studio e finanziamenti agevolati per studenti non ce l’avrei fatta. Si parla poco di quanto le borse di studio possano davvero cambiare la vita delle persone. Nel mio caso sono state fondamentali», confida Stefania a Startupitalia.
Fonda il suo studio legale a New York
New York le dà il coraggio e la spinta per realizzare un progetto che non fosse solo un’attività personale, ma un ponte per le aziende italiane intenzionate ad espandersi negli Stati Uniti. Così fonda Tech Legal Partners, studio legale che assiste startup, scaleup e PMI tecnologiche, nel loro percorso di crescita e sviluppo negli Stati Uniti.
«Lavorando con varie aziende, ho visto da vicino le difficoltà che incontravano nel navigare il complesso sistema normativo americano, spesso molto diverso da quello italiano. Volevo creare uno studio che non fornisse solo servizi legali, ma che aiutasse le aziende nelle sfide pratiche che affrontano quando decidono di entrare nel mercato americano», prosegue Stefania.
Oggi Tech Legal Partners, tra le sue attività, si occupa di aiutare le imprese a costituirsi negli Stati Uniti, prevalentemente in Delaware, a stipulare accordi di investimento con investitori privati o istituzionali, joint venture e raccolta di capitali, anche attraverso modalità alternative come il crowdfunding.
Tra le operazioni che hanno visto Stefania e il suo team protagonisti, l’acquisizione dell’americana Adapex Inc. di Datrix, scaleup italiana dell’artificial intelligence; PatchAI, scaleup italiana nell’health, che hanno supportato nell’acquisizione da parte dell’americana Alira Health e ancora Arco FC, startup nel settore cleantech, che hanno aiutato nella riorganizzazione societaria.
Consigli alle startup in USA
Chiediamo a Stefania di offrire alcuni consigli alle startup italiane che vogliono espandersi in America, sia sulle buone pratiche da seguire che sulle cattive strade da evitare.
«Il primo consiglio è di immergersi negli ecosistemi delle startup in America. Gli Stati Uniti offrono una vasta gamma di ecosistemi estremamente dinamici e in crescita. New York è un centro globale per il fintech, la tecnologia pubblicitaria e i media, mentre Boston è rinomata per biotech e life science grazie alla presenza di istituzioni come Harvard e MIT. Non bisogna dimenticare anche aree come il Connecticut, con iniziative come lo Yale Innovation Summit, che offrono eccellenti opportunità di networking e finanziamento per startup innovative».
Il secondo consiglio di Stefania è di sfruttare gli incentivi governativi. L’avvocato sottolinea come molti Stati americani prevedano incentivi fiscali o finanziamenti specifici per le startup tecnologiche. Per esempio, a New York ci sono programmi come Start-Up NY, che offrono esenzioni fiscali per le nuove imprese che si insediano in aree designate.
Il terzo consiglio riguarda la necessità per gli imprenditori italiani nel trascorrere del tempo nella comprensione della cultura americana: «Qui, per esempio, il growth mindset è molto importante: la voglia di crescere e migliorare continuamente è premiata e la capacità di adattarsi e innovare è cruciale per avere successo in un mercato competitivo come quello statunitense».
Stefania ci offre poi anche degli spunti sugli errori più comuni commessi dagli imprenditori italiani, sia startup che PMI, in USA: «Non bisogna sottovalutare la concorrenza.Gli Stati Uniti sono un mercato altamente competitivo e molto diverso da quello italiano. La concorrenza forte stimola l’innovazione ed è questo un aspetto che le startup devono abbracciare per avere successo. Non si può pensare di ambire a traguardi importanti con lo stesso approccio che ha funzionato in Italia. Le startup, per esempio devono essere preparate a competere con aziende globali di alto livello. Inoltre, non bisogna ignorare le regolamentazioni locali. Sebbene il Delaware sia una scelta ottimale per la costituzione della società, operare in altri stati richiede il rispetto delle normative locali. Ogni stato ha leggi diverse su lavoro, tassazione e regolamenti commerciali, e ignorarle può portare a sanzioni o altri problemi legali».
Infine, c’è un ultimo avvertimento che riguarda l’incapacità di trascurare i costi di espansione: «Espandere la propria attività negli Stati Uniti può essere molto costoso, soprattutto se non si pianificano accuratamente le risorse necessarie. I costi legali, amministrativi, e per la gestione delle risorse umane possono aumentare rapidamente. È fondamentale avere un piano finanziario ben strutturato», conclude.