Intervista al CEO della startup che oggi è presente in decine di paesi in tutto il mondo. E che punta sulla tecnologia per cambiare come gli artisti valorizzano la propria creatività
“Quello che inseguiamo ogni giorno sono le informazioni”: esordisce così Davide D’Atri, CEO di Soundreef, nella nostra chiacchierata. A StartupItalia! racconta di come anno dopo anno l’avventura della sua startup si sia evoluta, passo dopo passo, e oggi sia diventata un progetto che si allarga oltre l’idea originaria. Non parliamo più, solo, di collecting society: oggi Soundreef è una vera e propria data-company, capace di fornire ai suoi associati altro oltre i semplici compensi per la propria musica.
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Alla scoperta dei dati
“Ne ero convinto all’inizio di questo percorso, ne sono sempre più convinto ogni giorno che passa: i dati e le informazioni, per quest’industria, sono più preziosi dei compensi stessi” sentenzia D’Atri. Il lavoro di Soundreef, da sempre e come abbiamo già raccontato su queste pagine, è tutto volto a fornire maggiore trasparenza nella cosiddetta rendicontazione. Ovvero offrire a chi si registra al servizio indicazioni puntuali, e tempestive, su come e dove la sua opera viene riprodotta o utilizzata.
“Parliamo di miliardi e miliardi di dati, generati da milioni di utilizzatori su base europea e non solo: e sono tutti dati che al momento sono dispersi e frammentati in giro, e spesso se sono raccolti sono raccolti male con formati inaccettabili e conservati ancora peggio” continua il CEO. Sono dati preziosi che nelle mani degli artisti possono servire a comprendere meglio tutti i risvolti del proprio lavoro: “Troppo spesso però – dice D’Atri – questi dati non sono usati o non vengono presentati: abbiamo visto casi nei quali oltre il 50 per cento dei proventi di questi rendiconti vengono divisi su base forfettaria, seguendo procedure interne e non ciò che è stato realmente suonato. O ci sono dei ritardi superiori ai 5 anni nella rendicontazione di ciò che viene suonato su Internet.”.