I componenti del National Chamber Ensemble, arrivati a Napoli la sera prima dei bombardamenti, non sono potuti rientrare in patria e hanno deciso di iniziare il loro tour italiano. Sul palco di ogni teatro i colori azzurro e giallo e un cartello con un QR Code per le donazioni all’esercito ucraino: “in Russia la musica utilizzata per avvicinare i bambini alla vita militare e rendere l’opinione pubblica favorevole alla guerra”
La tournée italiana dei Solisti dell’Orchestra da Camera di Kiev si sarebbe dovuta aprire nel febbraio del 2020. Dieci date nei teatri delle città del centro sud, dalle Marche alla Puglia, insieme al maestro Francesco Di Rosa, primo oboe dell’Accademia Santa Cecilia di Roma. “Ogni concerto doveva essere un viaggio dal Barocco alla musica contemporanea”, spiega Di Rosa.
Alle composizioni di Albinoni e Vivaldi si sarebbero dovute alternare le Variazioni su un tema di Tchaikovsky di Anton Arensky, fino al Concerto per archi di Nino Rota e ai brani del compositore abruzzese Raffaele Bellafronte. Ma l’improvviso sopraggiungere della pandemia ha fermato tutto e gli spettacoli sono stati rinviati a data da destinarsi.
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“Dopo aver saputo della chiusura degli spazi aerei e dell’impossibilità di raggiungere i propri cari in patria, hanno scelto di restare e fare il loro lavoro, suonare, nonostante la situazione si faccia ogni giorno più difficile”, racconta l’oboista italiano. “Soltanto uno dei musicisti, fra i più giovani della formazione, ha deciso di partire per Cracovia e cercare di raggiungere la moglie e i figli che stanno tentando di attraversare il confine polacco”.
I palchi italiani per i Solisti di Kiev
Il primo concerto si è tenuto il 25 febbraio a Montegranaro, in provincia di Fermo, città natale di Di Rosa. Le circostanze hanno inevitabilmente inciso sul senso del tour, al quale sono state aggiunte diverse date – l’ultimo appuntamento italiano è stato il 15 marzo a Torre del Lago, in provincia di Lucca, e il giorno prima all’Auditorium Parco della Musica di Roma – e che ben presto si è trasformato in una gara di solidarietà.
Le associazioni e i teatri hanno infatti deciso di devolvere l’incasso dei concerti ai Solisti di Kiev e alle loro famiglie. Ogni palco si è tinto di azzurro e di giallo, con bandiere, luci e striscioni, e, insieme agli artisti, ha ospitato un cartello con stampato un QR Code per effettuare donazioni alle truppe ucraine.
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A dimostrazione di come la tournée sia diventata il manifesto dell’abbraccio tra due culture: “un gemellaggio culturale che si concretizza intrecciando le opere di compositori italiani e ucraini”, conferma Di Rosa. Dalla scaletta sono stati invece esclusi i compositori russi, una decisione dei Solisti dell’Orchestra da Camera di Kiev, sofferta e dettata dal profondo dolore di queste settimane.
“Amiamo i musicisti della Russia e speriamo di tornare presto a suonare le loro opere straordinarie”, sospira con voce rotta il violista ucraino, “ma oggi crediamo sia un atto necessario e di rispetto verso il nostro popolo far ascoltare e conoscere al pubblico l’arte del nostro Paese”.
“Il nostro nemico fa della musica la sua propaganda”
Più complesso è il quadro che Vasylkivskyi fotografa, con poche ma efficaci parole, riguardo allo sfruttamento della cultura in Russia. “Quello che oggi è il nostro nemico ha utilizzato la musica per la sua propaganda a favore della guerra”, afferma il direttore d’orchestra. “Nel corso degli anni, molte delle composizioni e delle cantate russe sono state utilizzate per avvicinare i bambini alla vita militare e influenzare l’opinione pubblica per renderla favorevole alle violenze del governo di nei confronti di altri Stati. Purtroppo, in parte il risultato è stato raggiunto. Sembra che alcuni russi abbiano dimenticato l’orrore e il dolore provato sulla propria pelle durante la Seconda guerra mondiale”.
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Tra le personalità favorevoli all’invasione dell’Ucraina, ci sono anche alcuni artisti di fama mondiale. “Già nel 2014”, ricorda Di Rosa, “un maestro come il direttore d’orchestra Valery Gergiev era stato tra i firmatari di un appello per il pubblico sostegno all’intervento russo in Crimea”. La storia si è ripetuta e, data la vicinanza politica a Mosca e la mancata condanna del conflitto, i maggiori teatri e compagnie europee e statunitensi hanno sospeso i concerti di Gergiev e della soprano Anna Netrebko.
“La cultura russa ci ha sempre regalato esponenti eccellenti e Valery Gergiev ne è l’esempio. Ma lui, come altri, hanno dimostrato di voler usare la loro arte per promuovere la scelta di Putin”, ribadisce Vasylkivskyi. “In questo momento, abbiamo bisogno di qualsiasi iniziativa non violenta in grado di smontare la propaganda”. Motivo per cui, continua il direttore dell’Ensemble di Kiev, “impedire loro di lavorare all’estero può essere una sveglia per quei cittadini russi che credono nella disinformazione diffusa dal loro governo”.
L’arte dei Solisti di Kiev, l’ultimo testimone della memoria collettiva
Il profondo legame tra la cultura e la vita collettiva e politica passa anche attraverso il ruolo che la cultura stessa ha come infinito archivio della storia di un Paese. “Dal dolore più tremendo che stiamo vivendo, nasceranno magnifiche composizioni musicali, libri e opere realizzati dagli artisti ucraini e di tutto il mondo”, sostiene Vasylkivskyi. “Ancora una volta, dalla distruzione avrà origine la bellezza, che manterrà vivo il ricordo di quanto sta avvenendo. È uno dei fini più importanti dell’arte: conservare e difendere la memoria collettiva dei popoli”.
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I Solisti del National Chamber Ensemble di Kiev lo stanno già facendo. Giovani donne e uomini che hanno deciso di manifestare la libertà della propria nazione, proseguendo i concerti nel momento più difficile. “Il nostro Paese era meraviglioso prima che scoppiasse la guerra. Vogliamo tornare in Ucraina al più presto, ma non sappiamo quando potremo e intanto continuiamo a suonare per lei”.