In collaborazione con |
Ecco cosa è emerso dalla diretta del 5 ottobre, dedicata alla bioeconomia circolare. La terza live del progetto “Biotech, il futuro migliore”, di Federchimica Assobiotec
L’incontro “One Health. La salute dell’uomo è la salute del Pianeta”, una live moderata da Giampaolo Colletti – manager e giornalista su molte testate nazionali, tra cui StartupItalia – si è focalizzata sul ruolo delle biotecnologie nello sviluppo della bioeconomia circolare.
Le possibilità offerte da un settore industriale come le biotecnologie fanno da traino allo sviluppo del Paese, perché sono una possibilità di rinnovamento dell’economia. Ma le stesse biotecnologie sono anche legate a doppio filo con la salute del Pianeta, perché propongono una produzione basata sulla bioeconomia circolare, sostenibile, tesa a ridurre lo spreco e capace di dare nuova vita ai rifiuti.
La voce di Assobiotec, con il suo progetto “Biotech, il futuro migliore – Per la nostra salute, per il nostro ambiente, per l’Italia”, si inserisce nella richiesta di una transizione ecologica sempre più urgente. In definitiva, siamo di fronte a una sola salute.
L’approccio One health
“Non possiamo pensare di vivere in salute in un pianeta che non è in salute”, ribadisce Elena Sgaravatti, vicepresidente di Federchimica Assobiotec. “Dobbiamo cambiare il nostro modello economico, sostituendolo con uno più sostenibile e le biotecnologie sono un importantissimo strumento per raggiungere questo traguardo”.
Pensiamo, ad esempio, all’agricoltura, un ambito che viene spesso associato all’impatto negativo che le coltivazioni hanno nella produzione di gas serra. In realtà, l’agricoltura è una grandissima risorsa e una delle opportunità maggiori che abbiamo per attuare un nuovo modello di crescita sostenibile.
La necessità di un incremento della produzione alimentare globale per soddisfare le crescenti esigenze di cibo, in termini quali-quantitativi e di composizione della dieta, non può avvenire attraverso un’espansione indeterminata delle risorse, in particolare delle superfici agricole, ma anche di tutti gli altri mezzi tecnici di produzione e dei consumi energetici. È necessario allora trovare la strada per produrre di più e meglio con meno.
Questa sfida richiede necessariamente che la produttività sia oggetto di continuo miglioramento affinché sia disponibile per tutti cibo sano e abbondante. Se la prima “rivoluzione verde” nella seconda metà del secolo scorso ha contribuito in maniera rilevante a migliorare la situazione alimentare nel mondo, è ora necessario un nuovo passo in avanti nel quale le biotecnologie siano protagoniste dell’ulteriore progresso necessario a vincere la sfida.
L’innovazione biotecnologica applicata al settore agroalimentare ha tanti e innegabili vantaggi: è strumento di conoscenza (mappatura genica), di valorizzazione della biodiversità, di tecniche colturali alternative a quelle tradizionali, di messa a disposizione di nuovi mezzi di difesa delle colture dalle avversità, di miglioramento qualitativo, nutrizionale e sensoriale dei prodotti, così come nella produzione primaria di estratti vegetali coltivati in vitro e destinati alla nutraceutica e alla farmaceutica.
Non solo. L’innovazione biotecnologica è anche motore per l’innovazione di quella bioeconomia circolare che oggi rappresenta un nuovo irrinunciabile paradigma per evitare sprechi e valorizzare gli scarti.
L’incontro si apre con una riflessione sullo stato dell’ambiente da parte di Gianni Silvestrini.
Secondo il direttore scientifico di Kyoto Club e QualEnergia, stiamo subendo un’accelerazione nei cambiamenti climatici, che nemmeno i modelli elaborati avevano previsto così vicini nel tempo. “Per questo è bene che l’umanità sia consapevole della rapidità con cui dobbiamo cambiare i nostri stili di vita e che si passi urgentemente alle azioni”.
E in questo hanno certamente un ruolo i comportamenti individuali, ma sono fondamentali anche interventi che favoriscono il rinnovamento dell’economia, che deve guardare più al modello della circolarità e all’innovazione tecnologica. “Negli ultimi due anni molti paesi hanno deciso di diventare carbon neutral. È una sfida gigantesca, ma se i paesi hanno deciso di lanciare questi obiettivi è perché sanno di poter contare su una tecnologia che una volta non avevamo”.
Dai funghi e dall’olio…
L’incontro è proseguito con un panel di quattro fondatori di altrettante aziende che hanno fatto della bioeconomia circolare il loro fulcro e il loro business.
Gianluca Belotti è innovation manager di Mogu, una ditta che usa i miceli dei funghi per trasformare rifiuti. Residui tessili e sfalci di campo si trasformano in pannelli per il comfort acustico e il design. “La nostra azienda punta allo sviluppo tecnologico di materie seconde prime e non produce rifiuti. In futuro puntiamo a scalare la produzione commerciale, con nuove tecnologie e nuovi prodotti”.
Anche Pasquale Moretti (co-fondatore Bioenutra) valorizza le acque di scarto della produzione di olio di oliva, con l’estrazione di polifenoli. “Gli scarti dell’agricoltura contengono sostanze benefiche per l’uomo, che ancora non sono valorizzate. Andremo avanti a studiare altre matrici da riutilizzare. Vogliamo trasformare i rifiuti in prodotti, i costi in profitti e ridurre gli scarti”.
…dal pane e dal vino, storie di bioeconomia circolare
Nel solco della riduzione degli sprechi alimentari si inserisce Biova Project, che dagli scarti e avanzi di pane produce birra. Emanuela Barbano, presidente e co-fondatrice Biova Project, racconta una storia legata al volontariato, al territorio e alle eccellenze italiane. “Per la raccolta del pane ci facciamo aiutare dal no-profit per rendere possibile un’attività profit. Poi li ricompensiamo per sostenere la loro lotta allo spreco alimentare.
E infine collaboriamo con i panificatori per creare l’abitudine di riciclare il pane invenduto. Per loro è un modo per dimostrare ai clienti il loro impegno nel recupero alimentare”. È un percorso di innovazione verso un economia più sostenibile dove lo scarto diventa nuovo valore. E nel futuro dell’azienda si intravvede un’ulteriore espansione. Punta a nuovi territori e nuovi prodotti per valorizzare al massimo gli scarti.
L’impegno di Caviro, cooperativa che produce vino, migliora le sue competenze tecnologiche e di processo per valorizzare i prodotti dei soci. “La spinta verso l’economia circolare è nata per dare sostenibilità economica e sociale all’azienda. La componente ambientale non è stata il driver”, dice SimonPietro Felice, direttore generale Gruppo Caviro.
Tuttavia oggi con Caviro Extra, l’azienda trasforma i sottoprodotti della produzione del vino da scarti a prodotti nobili. Alcool, acido tartarico e polifenoli sono i primi prodotti, ma poi quando vinaccia e feccia sono esauste di arriva a produrre biometano e anidride carbonica.
Intensificazione sostenibile con le biotecnologie
La parola passa poi a tre esperte di innovazione, produzione e sostenibilità. L’innovazione legata alle biotecnologie è una garanzia di produttività e sostenibilità al sistema agricolo e agli altri settori della bioeconomia. Dobbiamo produrre di più, ma farlo meglio per ridurre il nostro impatto sull’ambiente.
Deborah Piovan è portavoce di Cibo per la Mente, un coordinamento di 16 associazioni di imprese ce operano nella filiera agroalimentare. Difende la filiera nazionale e il principio di auto-approvvigionamento.
Sottolinea la nostra esigenza di creare i nostri spazi senza limitare troppo quelli naturali, per preservare la biodiversità. “Possiamo permetterci di non toccare l’ambiente naturale grazie all’innovazione che ci permette di intensificare le colture che abbiamo già. Le biotecnologie sono strategiche e abilitanti per raggiungere questo obiettivo”.
Ma il discorso cibo non è soltanto un problema economico. Il cibo è al centro della società, strumento di inclusione e trasformazione. Ne è convinta Sara Roversi, presidente Future Food Institute, che vuole puntare sul cibo come anello di congiunzione tra società e ambiente.
“Gli strumenti che ci consentono di fare innovazione sono digitale, tecnologia e scienza. Non c’è più innovazione senza sostenibilità. Si fa innovability. La sostenibilità è una strategia di business”.
Mariagiovanna Vetere, Consiglio Direttivo Cluster Spring, ha sottolineato poi come la biotecnologia fa vivere la bioeconomia in maniera pratica, ricordando l’esempio della sua impresa che dal surplus di produzione di mais ha brevettato un biomateriale.
Come fare affinché l’Italia punti sull’intensificazione della produzione sostenibile? Secondo Deborah Piovan occorre investire sulla comunicazione. “La scienza e la tecnologia hanno già le risposte. Gli imprenditori sono desiderosi di innovare. Occorre che la politica li abiliti a farlo. Ma se l’innovazione non viene accettata, non viene implementata. E se non viene implementata, fallisce” ha ricordato la portavoce di Cibo per la mente.
Per Roversi, è poi altrettanto importante la formazione e la collaborazione multi-generazionale per sviluppare un nuovo approccio allo sviluppo che non sia più centrato sui bisogni dell’individuo ma piuttosto sulla vita e sulla salute dell’intero ecosistema.
Le biotecnologie per la bioeconomia circolare del futuro
L’Italia è sulla buona strada. “Anche grazie all’utilizzo delle biotecnologie, abbiamo una leadership nella produzione di prodotti nuovi e a minor impatto”, ha ricordato Sgaravatti nel suo intervento conclusivo. Intervento nel quale la Vicepresidente di Assobiotec ha presentato le priorità per sostenere e potenziare uno sviluppo economico che sia anche sostenibile nella prospettiva del One Health.
Mentre le biotecnologie mediche e sanitarie sono ben sviluppate nel nostro paese, è necessario comprenderne il valore e puntare sull’applicazione di queste tecnologie anche nella produzione del cibo, liberando il Paese da vincoli normativi ormai obsoleti e abbandonando posizioni pregiudiziali.
E poi Sgaravatti ha continuato il suo discorso, mettendo in evidenza alcune azioni da mettere subito in atto affinché il cambiamento possa avvenire. “Sono tre i punti chiave sui quali è prioritario concentrare le azioni: costruire cultura sulla bioeconomia e sul ruolo chiave delle biotecnologie come strumento per una sua implementazione; applicare le biotecnologie sostenibili in agricoltura e, ultimo ma non ultimo, passare dalle parole ai fatti nella cornice del Piano nazionale di ripresa e resilienza e/o attraverso specifici interventi legislativi”.
Ora, la penultima tappa di “Biotech, il futuro migliore” passa il testimone all’evento conclusivo, che si terrà il 9 novembre 2021, con l’obiettivo di raccontare i risultati raggiunti e coinvolgere il grande pubblico.