Nel 2016 una exit e due round da 800 mila euro nel foodtech. Delivery e e-commerce guidano il settore. Che però inizia ad essere più sfaccettato. Dalla sharing economy all’IoT: ecco il panorama delle startup food italiane
Due round di peso e una exit. Nel 2016 il foodtech italiano si conferma un mercato che mette appetito. Il 2015 è stato un anno forse irripetibile: in Italia hanno investito, in un solo anno, Rocket Internet, JustEat e TripAdvisor. Ma le tre principali operazioni chiuse in questi primi mesi dimostrano la salute di un settore in via di maturazione. Perché hanno coinvolto tre startup molto diverse (Foodscovery, WineOwine e Foodinho), che ci raccontano un pezzo di foodtech italiano.
L’e-commerce accorcia la filiera
L’anno si è aperto con una delle operazioni più interessanti degli ultimi anni. Non solo perché Foodscovery è riuscita a incassare un round da 800 mila euro. Ma anche perché ha sancito il matrimonio di una strana coppia: food ed editoria. Lanciata da Fi.r.a., la finanziaria regionale abruzzese, Foodscovery è una piattaforma e un’app che punta sulla gastronomia locale. Accorcia la distanza tra produzione e consegna: sono gli artigiani a spedire i propri prodotti. Con l’ultimo round, sono entrati nel capitale Digital Magics, i business angel Claudio Di Zanni e Rosario Didonna e due editori: uno è Axel Springer, l’altro è la società editrice del Fatto Quotidiano: 250 mila euro per una quota del 7%. Una nuova fonte di ricavi, tra native advertising e vendite online.
Questo modello di eCommerce in scatola, che sposa la tecnologia con la valorizzazione dei prodotti locali, trova in Italia diverse declinazioni. Come ad esempio Ufoody, mercato online che mette l’accento sulla qualità di prodotti artigianali. Nel 2015 ha raccolto 200 mila euro per crescere. Cortilia, invece, si concentra solo sui prodotti freschi, dal contadino al consumatore. Ampliando il campo a chi non porta solo cibo, Supermercato24 è stato tra i grandi protagonisti dello scorso anno, grazie ai 900 mila euro raccolti.
In alto i calici: il vino sul web
Oltre a Foodscovery, l’altro grande round di questo 2016 è stato quello di WineOWine: 800 mila euro da LVenture Group (per 100mila) e un gruppo di business angel. È sempre una piattaforma di eCommerce, ma la sua particolarità è nel nome: WineOWine si occupa di vino e solo di vino. Seleziona etichette di qualità, ne propone sempre di nuove, accompagnate da informazioni sui produttori e consegna entro 48 ore. Il legame tra vino e eCommerce funziona: lo scorso anno si erano distinti i finanziamenti ottenuti da Vino75 (250 mila euro) e eBox (un milione), la società padrona di Tannico.it. I round confermano che foodtech e vigne, insieme, funzionano. Anche perché si inseriscono in uno spazio aperto. Da una parte l’Italia resta un Paese leader, di grandi produttori ed eccellente reputazione vitivinicola. Dall’altra non è altrettanto forte in una distribuzione che, fino a qualche anno fa, si era accomodata sulla rete di ristoratori italiani all’estero. Adesso che la concorrenza cresce e il settore dipende sempre di più dall’export, non basta più. L’eCommerce non sarà la soluzione, ma potrebbe essere un’arma importante.
Food delivery, la corsa continua
La exit più importante è quella di Foodinho. La società milanese è stata acquisita dalla spagnola Glovo, che così entra nel risiko del food delivery italiano. Il 2016 è stato anche l’anno dell’addio di Christian Sarcuni alla sua Pizzabo. Il marchio ha lasciato la casamadre di Bologna per migrare a Milano. Volontà del nuovo proprietario, JustEat. In un anno Pizzabo è stata conquistata da Rocket Internet per 51 milioni, ha cambiato nome in Hellofood ed è ritornata alle origini. Fino a entrare nella galassia JustEat, che (dopo Deliverex e Clicca e Mangia) ha assorbito anche la società fondata da Sarcuni. Tra il 2015 e questi primi mesi del 2016, con l’arrivo di Foodora e Deliveroo, i grandi attori hanno preso posizione. Ma il food delivery è ancora vivace. Anche perché restano praterie in provincia, dove emergono nuovi protagonisti come Foodracers, Moovenda, Loveat, MyFood, Bacchetteforchette, Sgnam, Cosaordino, YouEat.
Tra e-commerce e delivery: la ricetta in scatola
Mescolando i due settori centrali del foodtech italiano di oggi, e-commerce e delivery, viene fuori un modello ibrido che si sta facendo strada. Compri gli ingredienti online, freschi, già pronti e dosati per cucinare una ricetta o una cena. Con tanto di istruzioni. È la formula di Fanceat e Quomi.
Come affermato dal coo di Fanceat Carlo Alberto Danna a Startupitalia.eu, la sua startup mira a un pubblico di persone che ha poco tempo “ma che non vuole rinunciare a mangiare bene”.
Quomi è invece uno dei round di questo 2016. A marzo Digital Magics ne ha rilevato il 12,5%. Il principio è lo stesso: ogni settimana sul sito vengono pubblicati menù creati da chef professionisti in base alla stagionalità dei prodotti. A casa arriverà un pacco con gli ingredienti giusti e le istruzioni per preparare tutto da sé.
Foodtech, il ristorante si prenota online
Altro settore per il quale il 2015 è stato decisivo. TripAdvisor ha messo mani e marchio su MyTable e restOpolis. Sono diventati TheFork Italia, nuova struttura leader con a capo Almir Ambeskovic, fondatore di restOpolis. A Startuitalia.eu ha raccontato il primo anno dopo l’acquisizione. Un anno di crescita, con 4500 nuovi ristoranti. “Il mercato italiano arriva sempre in ritardo per una diffidenza iniziale verso l’innovazione, ma quando prendiamo il ritmo riusciamo a battere tutti gli altri”. Per il 2016 l’obiettivo è “consolidare la leadership e crescere acquisendo sempre più ristoranti e utenti”.
Nella lista delle migliori 100 startup italiane del 2015, redatta in occasione dell’Open Summt, ce n’è un’altra che attinge allo stesso business: MiSiedo, incubata da H-Farm e realizzata con 2bight. I clienti possono prenotare via web o smartphone e i ristoratori possono gestire i tavoli con un’app.
La sharing economy è servita
Non di soli ristoranti vive il foodtech. Ma il cibo è sempre condivisione. Ecco allora emergere diverse forme di sharing economy, dal crowdfunding alle cene casalinghe.
Il giro d’affari sulle piattaforme italiane di crowdfunding è ancora limitato. Ma sono italiani (Sara Roversi, Andrea Magelli e Alessio D’Antino) i membri del team di Crowdfooding.co, la prima piattaforma di finanziamento diffusa dedicata solo al cibo. Un equity based diviso per sottocategorie (Food&Tech, Food&Beverages, Grociery, Food Delivery, E-marketplace, Specialty Food, Organic Food, Wine And Spirits, Coffee&Tea, AgTech), che permette l’incontro tra startup e investitori. La formula funzionerà? Le piattaforme, soprattutto in Italia, sono embrioni. Ma i precedenti fanno ben sperare. Gianfranco e Serena Cordero, proprietari di un’azienda piemontese che produce Barolo, Barbaresco e Barbera, nel 2015 hanno raccolto 750 mila dollari su NakedWines.com. Un caso, per ora raro, che conferma le potenzialità dell’intreccio tra vino e tecnologia.
Non ha nulla a che vedere con il crowdfundig ma punta ugualmente sulla condivisione Gnammo. A essere condiviso non è l’investimento ma un tavolo. Gnammo, con 170 mila utenti e 9 mila eventi creati in 1.600 città è l’ammiraglia italiana del social eating. Per il ceo della società, Gian Luca Ranno, “il 2016 è l’anno della maturità”. La società si sta allargando a nuovi formati. Non solo cene casalinghe, ma un Food Hub con appuntamenti dedicati ai turisti, ai brand ed eventi che entrano anche nei ristoranti.
A metà strada tra sharing e delivery c’è Mamau.it. Chi vuole cimentarsi in cucina può proporre un suo piatto, cucinato a casa propria, e fare il prezzo. Chi vuole cibo fresco e semplice, può acquistarlo e organizzare il ritiro. E la piattaforma guadagna con una commissione.
Il nuovo che avanza: cibo e IoT
Quelli elencati fino a ora sono le strade già tracciate. Ma il Foodtech è un campo sterminato, ancora tutto da esplorare. Oltre a eCommerce e delivery, ci sono tracciabilità, nuovi packaging, smart kitchen, IoT, stampanti 3d, agricoltura di precisione e nuovi cibi. Solo per fare alcuni esempi. La startup La Comanda ha sviluppato Click’N’Pizza, un dispositivo che permette di ordinare margherite e capricciose con un solo click. DnaPhone, che lo scorso anno ha raccolto 200 mila euro, è un dispositivo integrato con lo smartphone per condurre analisi istantanee sugli alimenti. Italbugs è una startup che si occupa di ricerca e sviluppo di alimenti basati sugli insetti. È ospitato da Alimenta, l’incubatore e acceleratore del PTP Park di Lodi ed è l’unica impresa italiana dell’International Platform of Insects for Food and Feed, una Ong che spinge gli insetti come alimento del futuro. Alla categoria “nuovi cibi” appartiene anche New Gluten World, uno spinoff dell’Università di Foggia che ha sviluppato una tecnologia in grado di produrre prodotti come pane, pasta e prodotti da forno a base di farina detossificata dalle proteine del glutine. È solo un elenco molto parziale. Potrebbe allungarsi molto presto: il foodtech si trova all’incrocio tra l’eccellenza italiana (l’agroalimentare) e la crescita degli investimenti del settore.
Paolo Fiore
@paolofiore