Una startup scommette su un algoritmo in grado di censire 150mila brani a settimana, tutti di artisti senza contratto, e individuare i più promettenti. Non è la prima volta ma è la più profonda
Creatività e intelligenza artificiale. In altre parole: machine learning e analisi dei big data possono sostenerci nella scelta dei nuovi prodotti da sostenere, negli artisti da produrre, nei film o nelle serie tv che hanno buone probabilità di sfondare al botteghino. Oppure, com’è l’ultimo caso della casa discografica Snafu, individuare nel mare magnum della produzione musicale le “next big thing” dei prossimi mesi, sulle quali scommettere?
I precedenti
Nel campo musicale la sperimentazione informatica, e perfino con l’intelligenza artificiale, non è cosa nuova. Basti pensare ad artisti come Bjork che hanno usato queste soluzioni per trovare nuove strade o semplicemente arricchire il proprio lavoro. La scommessa di Snafu è tuttavia un’altra, e si allinea in qualche maniera alla scelta di Warner, che ha di recente deciso di affidarsi a Cinelytic, un sistema di AI per assistere tutte le parti coinvolte nella produzione di una nuova pellicola. Non solo a quella di Warner: abbiamo passato in rassegna alcuni tentativi di questo genere, da ScriptBook a Immersion Neuroscience, che in sostanza tentano di guidare il lavoro di scelta, quello di “A&R” come si dice in gergo, su artisti, show, titoli, film. E stavolta anche musicisti.
La scommessa di Snafu
Snafu sostiene di essere la prima “etichetta discografica basata sull’AI”. In cosa consiste il loro lavoro? Ogni settimana mettono all’opera l’algoritmo proprietario e passano in rassegna ben 150mila canzoni pubblicate su piattaforme come Spotify, YouTube, SoundCloud e TikTok (sì, il social è da tempo diventato fucina di popstar, basti pensare al caso Lil Nas X e alla sua “Old Town Road”). Nell’analisi vengono considerati anche i post sui blog, i tweet e le aggiunte alle playlist realizzate dagli utenti, il sentiment e l’engagement. Con tutta questa mole di materiale, Snafu ritiene che il suo software sia in grado di identificare con largo anticipo, e spesso in modo esclusivo, artisti sconosciuti o trascurati poco dopo che hanno rilasciato i loro primi pezzi. Tagliando così in modo clamoroso i tempi di scouting, che risentono ovviamente di molti fattori diversi, su tutti la sensibilità di chi ha il potere di decidere su cosa scommettere.
Lo strumento assegna una sorta di punteggio a quei brani, utile a stabilire quei 15/20 artisti da tenere sotto controllo nei giorni seguenti. Ovviamente a quel punto è il team in carne e ossa a entrare in gioco e a effettuare, sulla base di quell’incredibile scrematura, le proprie valutazioni. E dunque stabilire se contattare l’artista e proporgli un eventuale accordo. O comunque continuare a tenerlo sotto osservazione.
La formula magica: 70/75% come i primi di Spotify
A capo della startup musicale c’è il Ceo Ankit Desai, con un significativo passato in Capitol Record e Universal Music Group, che a TechCrunch ha spiegato almeno un pezzo della propria formula magica. L’algoritmo va alla ricerca di nuovi brani che presentino una similarità intorno al 70/75% con le canzoni in quel momento ai primi 200 posti dei più ascoltati di Spotify. Una strada certo controversa: cercare artisti la cui musica sia fortemente simile a quella che sta già avendo successo ma con una percentuale di originalità comunque decente. Non fotocopie, ma quasi. Sempre con l’obiettivo di individuare artisti dal successo assicurato.
Ovviamente non siamo in grado di dire se e come Snafu riuscirà a sfruttare il suo algoritmo in questo lavoro di “artists and repertoire”: è nata da poco e non abbiamo ancora elementi sufficienti per giudicare. Nel roster dell’etichetta ci sono 16 artisti, l’unico dei quali sufficientemente noto è Mishcatt, il cui brano “Fade Away” ha già raccolto 5 milioni di ascolti in cinque settimane. Se l’uso di software analitici non è una novità nel settore – basti pensare a Chartmetric, di cui tuttavia Desai non ha una buona opinione – la startup losangelina intende fare un passo in più, modificando la bilancia fra contributo automatizzato e decisioni umane e artistiche in senso stretto.
Fondi per 2,9 milioni di dollari
“Se c’è una ragazza in Indonesia la cui musica il mondo muore dalla voglia di sentire, rischia di non avere mai la sua chance” ha spiegato Desai a TechCrunch. “Il modo di collegarla al mondo non esiste. L’industria musicale è bloccata da un modo molto vecchio di lavorare, scoprendo artisti col passaparola”. La startup parte bene: ha raccolto 2,9 milioni di dollari in un seed funding guidato da TrueSight Ventures con la partecipazione di Day One Ventures, Agnetha Fältskog degli Abba, John Bonten di Spotify, Samanta Hegedus Stewart, Jesper Theil Thomsen, Nicholas Shekerdemian e altri.
“Con Snafu chiunque ascolti la musica può fare il talent scout di se stesso” ha aggiunto il Ceo. Ma nel gruppo di lavoro ci sono comunque pezzi da novanta come Carl Falk, capo della parte creativa, che ha scritto pezzi per Madonna, One Direction e Nicki Minaj. Parte degli accordi con gli artisti consiste nella condivisione di una porzione dei ricavi dagli ascolti in cambio di supporto produttivo e di marketing per periodi ben più brevi dei classici accordi discografici. Insomma, anche sotto il profilo contrattuale una bella innovazione.