Ha 24 anni, una laurea in fisica e una startup, creata con sei amici tutti under 30, che risolve in modo smart il problema dei parcheggi in città. Riducendo traffico e inquinamento. Lui è Andrea Buri e la loro impresa si chiama CityZ. «Ho scelto di “fare” startup come mio primo lavoro. Mi hanno ispirato il film di Mark Zuckerberg sulla storia di Facebook e Alberto Dalmasso di Satispay. Guardandoli ho pensato: io voglio fare quella cosa lì».
Cosa fa CityZ
Cosi riunisce sei amici, con cinque lauree diverse. Fisica, ingegneria, intelligenza artificiale, psicologia del lavoro. Insieme creano un sensore di gomma riciclata, adesivo, che si attacca all’asfalto al centro del parcheggio e ti comunica quando il posto è libero. L’idea diventa impresa. CityZ ha appena annunciato un round da 575 mila euro. Lead investor dell’operazione è il fondo 40Jemz S.p.a., società di investimento di Verona, insieme a Magic Spectrum, l’Acceleratore 5G e IoT nato su iniziativa di CDP Venture Capital Sgr, Fondazione Compagnia di San Paolo e Digital Magics
Partiamo dal nome CityZ: city perché la città è il cuore dove porteranno la loro tecnologia. Z, perché zeta è la loro generazione. Nativi digitali che tentano di costruire la città del futuro. «Siamo nati nel mezzo del problema “ambiente” e vogliamo contribuire a risolverlo». Hanno sviluppato hardware e software. La tecnologia è stata brevettata. Funziona così. «Il sensore, certificato dell’ente internazionale TUV, si attacca direttamente sull’asfalto, al centro del parcheggio e in base a molte variabili si rende conto dello stato di occupazione. Comunica i dati, tramite rete IoT al server di CityZ. Il software è integrabile in tutte le app che gestiscono pagamenti dei parcheggi e direttamente sui navigatori delle auto».
«Per rendere adesivo il sensore, composto al 100% di gomma riciclata, abbiamo testato decine e decine di colle. Il sensore infatti deve essere resistente agli atti vandalici, al peso delle auto e agli agenti atmosferici. Usiamo una batteria e non c’è cablaggio» spiega Andrea.
L’idea venuta… cercando parcheggio
L’idea è nata anni fa. «Avevo appena preso la patente, ero in macchina con mia mamma, guidava lei. Cercavamo il parcheggio a Milano: molti giri a vuoto, molto stress. Lei sbuffava, io giocavo con lo smartphone. A un certo punto mi dice: “sei sempre al telefono”. E io, scherzando, ho aggiunto sto cercando un parcheggio. “Essì il telefono ti dice dove è un parcheggio libero?“». Quello è stato un primo flash. Ho iniziato a fare analisi di mercato, avevo 18 anni ed ero ancora al liceo. Cercavo app che ti aiutassero a trovare parcheggio. Nulla. Ho iniziato a capire come fare e la prima idea di soluzione è diventata la tesina per il mio progetto scuola lavoro alla maturità».
Una squadra nata sui campi da basket
Andrea poi inizia a parlarne sui campi di basket con gli amici con cui gioca: Federico Buratto e Igor Milano. La risposta: “Proviamoci”. Intanto si laureano e coinvolgono i fratelli Fernando e Donato Falcone e Alessandro Rivalta. Mettono insieme un team eterogeneo. «Per comprendere tutti gli aspetti del problema e compensare la nostra giovane età, abbiamo creato un team con competenze diverse. Ci siamo messi tutti a studiare cose nuove. Per imparare il più possibile».
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Passione, competenze e tanta umiltà. «Sappiamo di non sapere. Non abbiamo la presunzione di conoscere tutto. All’inizio la nostra giovane età è stata un po’ un tabù. Quando arrivava la slide del team. alcuni investitori storcevano il naso perché eravamo davvero giovanissimi. Ora però tutti si stanno ricredendo. Non abbiamo ragazze nel nostro gruppo, ma le stiamo cercando…»
La loro avventura è nata a Torino a fine 2021. I primi passi all’interno dell’incubatore 2i3T dell’università. Il percorso dura 4 anni. Lo scorso anno hanno fatto tre mesi di accelerazione in Google. I loro inizi sono stati finanziati con i bandi. Hanno vinto il Bando Piemonte e il Bando Casa delle Tecnologie Emergenti. A fine dicembre hanno vinto il Premio Accenture, all’interno del Premio 2031. E il business? «Il nostro business model è IoT as a service. Abbiamo chiuso un primo contratto con il gruppo autostrade per l’Italia. E un altro con un’importante azienda di auto elettriche che è ancora top segret». E ora il round finanzierà la loro crescita.
I sei lavorano in Talent Garden a Torino e puntano a risolvere il problema dei parcheggi. Che sono inquinamento, perdita di tempo, traffico, occupazione abusiva. «Spesso si sottovaluta l’impatto della ricerca di un parcheggio sull’ambiente: un terzo del nostro viaggio in auto in città lo trascorriamo cercando. Secondo le nostre ricerche, perdiamo 75 ore l’anno. Il 30% di inquinamento cittadino è collegato a questa ricerca. Si stima che più di 125kg di Co2 siano emessi ogni anno».
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«Il nostro sensore – aggiunge il founder di CityZ -, oltre a essere un prodotto ecosostenibile, riduce l’impatto a 360 gradi. Sia a livello di infrastruttura, sia a livello di strada. La tecnologia che piazzi sull’asfalto con buchi e chiodi è un lavoro complesso, tecnologia invasiva e costosa. Inoltre l’asfalto si rifà ogni due anni, dovresti buttare i sensori e i lavori su strada inquinano». Startup come strumento per risolvere i problemi e cambiare il mondo. «Siamo nati in mezzo al problema ambiente, non lo abbiamo causato noi, ma vogliamo in qualche modo contribuire a risolverlo. Come? Facendo startup».
La primissima ispirazione arriva guardando un film. Andrea ha 10 anni. «Sono molto legato al cinema, da sempre. Nel 2010 ho visto “The Social Network”, il film che racconta la storia di Mark Zuckerberg. Ero un bambino, eppure guardando come un’idea nata a scuola sia diventata una grande impresa, mi sono emozionato tantissimo. Da quel momento ho iniziato a leggere le storie degli innovatori. E ho scoperto Alberto Dalmasso di Satispay. Lui è diventato un modello per me». Cosa sogni? «Noi non vogliamo creare un’altra Apple, vogliamo semplicemente fare qualcosa di concreto. Portare un po’ di complessità e tecnologia in una semplice striscia rettangolare dipinta per terra…».