L’allarme di AssoRTD: solo il 20% dei dipendenti coinvolti nella formazione per la transizione digitale e da parte di due terzi degli uffici pubblici. Eppure il Pnrr passa anche da queste figure
Anche se molto sta cambiando (basti pensare all’appena varata Anagrafe nazionale) le amministrazioni locali fanno ancora fatica a portare avanti i processi di digitalizzazione. L’ultimo rapporto pubblicato della Banca d’Italia evidenzia alcuni dati incontrovertibili: il 45% di queste, ad esempio, non ha ancora designato la figura a capo dell’Ufficio per la transizione alla modalità operativa digitale. Gli enti che hanno trovato maggiore difficoltà in questa fase di selezione e nomina sono state le province nel 64% dei casi e i comuni nel 50%. Il 77% di queste amministrazioni, inoltre, sostiene di aver avuto problemi di tipo organizzativo. Quasi tutto fermo, insomma.
La formazione per la transizione digitale a meno del 20% del personale
Fabio Giuseppe Ferrara, presidente di AssoRTD, l’associazione che tutela e rappresenta a livello nazionale la figura del Responsabile per la Transizione al Digitale, ha analizzato il momento sottolineando anche la questione legata alla formazione certificata e normata dei RTD. Anche in questo caso c’è poco da rallegrarsi: “Le iniziative sono ancora limitate: circa due terzi degli enti ha previsto formazione in materia di digitalizzazione a meno del 20% del personale. In generale riguardano prevalentemente la gestione documentale, la sicurezza informatica e le piattaforme Spid e PagoPA. Solo una ridotta parte di enti procede su base periodica a rilevare le esigenze di formazione del personale”.
Secondo l’associazione, l’auspicio è che le nomine e le competenze possano viaggiare di pari passo, con l’obiettivo di accelerare la selezione dei RTD che abbiano una base solida e che possano davvero fare la differenza nei processi che hanno il compito di snellire nei propri uffici: “Il tema fondamentale – prosegue Ferrara – è quello di riuscire a valorizzare nel modo corretto le competenze a tutti i livelli d’interlocuzione, facendole combaciare soprattutto con la necessità di semplificazione di cui necessita l’ambito pubblico”.
Ma le carenze non riguardano solamente le risorse umane. Gli stessi enti mostrano un adeguamento parziale agli obblighi previsti dalle norme: solo il 30% consente l’accesso ai propri servizi online tramite Spid, mentre il 55% non ha ancora avviato gli sviluppi per utilizzare l’app IO per i servizi della pubblica amministrazione. La lacuna è profonda anche sul tema dei pagamenti digitali, visto che il 12% degli enti non ha ancora aderito al circuito PagoPA. “L’Italia ha le carte in regola per vincere la sfida digitale lanciata dal Pnrr – conclude Ferrara – a patto, però, che si mettano a valore le competenze e si lavori per accrescerle, inserendone anche di nuove”.
Le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza
La nomina di queste figure non è affatto secondaria. Da loro passerà la cosiddetta messa a terra, ovviamente rispetto alle proprie responsabilità, dei progetti previsti appunto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Dei circa 40 miliardi di euro assegnati al capitolo su “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura”, infatti, circa 9.75 miliardi sono destinati alla digitalizzazione, all’innovazione e alla sicurezza nella pubblica amministrazione e 23.89 sono destinati alla digitalizzazione, all’innovazione e alla competitività nel sistema produttivo.