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Una strategia unica per creare contenuti su misura per il cliente. Sfruttando un approccio data-driven e con il supporto dell’intelligenza artificiale
È un Mr. Wolf il Design Thinking, risolve problemi. Questa metodologia di “creazione attiva”, nata tra gli anni ‘80 e ‘90 presso l’università di Stanford e applicata al mondo del business da David M. Kelley e Tim Brown di IDEO, parte dai bisogni delle persone, poste al centro della progettazione, per trovare soluzioni (prodotti/servizi) volte a raggiungere la loro soddisfazione e di conseguenza dare nuovi slanci al business.
Questo significa che, nel vostro piano di Content Marketing, il focus va sui clienti, ovvero su chi sono e cosa vogliono. Ora: siamo tutti d’accordo che è l’esperienza del cliente ciò su cui dobbiamo concentrarci. Il problema è che spesso (troppo spesso!) nel comunicare con loro ci facciamo guidare da istinti di pancia o da quello che abbiamo già testato in passato. Ma non è detto che quello che ha funzionato una volta sia sempre efficace.
Al giorno d’oggi, in un mercato one-to-one, è difficile conoscere le specificità di ogni singolo utente. Senza una strategia data-driven ti ci puoi avvicinare, ma non sai con certezza come andrà a finire. Restando in tema pulp fiction: ogni volta che un uomo di Marketing da “secondo me” incontra un uomo di Marketing con i dati, l’uomo di Marketing da “secondo me” è un uomo morto.
Design Thinking&Content Intelligence: gli step
1) Empathize
È la fase iniziale in cui l’azienda deve condurre delle ricerche per sviluppare una conoscenza completa degli utenti a cui si rivolge, cercando di comprendere cosa dicono, cosa fanno, cosa pensano e cosa provano. Si cerca quindi di ottenere una “carta d’identità” dei propri utenti e le metodologie impiegate solitamente sono user research, focus group, interviste, osservazioni dirette, studio di archetipi, empathy map etc. Possiamo dire, però, che non sempre bastano: anche a domandarglielo, un utente a volte non ha ben chiaro quali siano i suoi bisogni e quali le soluzioni attese dal brand.
In questo senso gli algoritmi di Machine Learning sono fondamentali perché, applicati ai contenuti, aiutano a comprendere le decisioni chiave dell’utente e catturano le variabili e le metriche che saranno i migliori predittori di tali decisioni. Questa strategia si chiama Content Intelligence (CI) e ha un duplice scopo: da un lato classifica tutti i contenuti aziendali tramite metadati, dall’altro associa queste etichette descrittive al profilo degli utenti, anche anonimi, che hanno “consumato” questi contenuti. In questo modo è facile conoscere in tempo reale a cosa sono interessati.
2) Define
In questa fase si mettono insieme tutti i dati sui propri utenti, in modo da analizzarli e capire al meglio quali sono le esigenze manifestate. Gli insight raccolti dalla Content Intelligence vanno a completare il profilo già a disposizione sul CRM o l’ID nel caso degli anonimi: con questa dashboard è possibile sapere quali sono gli argomenti e i formati editoriali più performanti per ciascuno di loro.
3) Ideate
La visualizzazione congiunta di ciò che emerge dalle analisi può favorire la nascita di spunti che poi possono essere utilizzati come driver per una campagna di Content Marketing orientata alla risoluzione del problema.
Uno strumento come il DAM Intelligente (è il caso di THRON), che integra nativamente la Content Intelligence, incentiva la collaborazione creativa perché i contenuti, classificati dall’AI in tag, possono essere strutturati in workflow condivisi, con differenti modalità di accesso e modifica.
4) Prototype
Dopo aver osservato come i contenuti pubblicati hanno performato grazie ai dati raccolti dalla CI, il passo per dar vita a una strategia ancora più efficace è breve e viene chiesto il contributo di tutti, dall’editor al grafico all’agenzia esterna, per creare contenuti che “funzionano”. Questo processo di “creazione attiva” è agevolato dalla possibilità di tener d’occhio l’intero ciclo di vita del contenuto, dalla bozza alla pubblicazione finale.
5) Test
Questo passaggio finale serve per capire se la soluzione a cui si è arrivati è davvero quella più adeguata per i nostri utenti. In tal caso ci viene nuovamente in supporto la CI, che è in grado di misurare le prestazioni dei contenuti pubblicati.
Lo strumento che ti serve
Come accennavamo prima, lo strumento ideale per poter applicare questa metodologia al Content Marketing è il DAM Intelligente. THRON, DAM Saas italiano, ne è un modello. Vediamo i motivi:
– i suoi motori AI passano in rassegna i contenuti e li classificano. Dicono che il DT sia un processo di apprendimento: niente di più vero, l’auto-apprendimento automatico degli algoritmi e ilmatching che effettuano (tag = user interets) ci rivelano molto sugli utenti;
– i dati sono visibili in una dashboard completa dell’intero percorso di navigazione dell’utente (la Single Customer View). Questo serbatoio di dati è utile anche per alimentare le iniziative di Marketing Automation;
– la Content Intelligence non è solo funzionale (riduce il rischio d’impresa dovuto al buttar via soldi e tempo in campagne che non funzionano) ma è anche efficace in termini di creatività: avere dati costantemente aggiornati su quello che vogliono gli utenti permette di non esaurire mai la “vena” e di incentivare la personalizzazione con contenuti sempre più mirati.