Il dossier di StartupItalia sul software sviluppato da OpenAI. Il riassunto dei suoi primi mesi di vita, con dati, storie e previsioni. I nostri articoli e le nostre interviste, con gli spunti dalla stampa internazionale
Da quest’anno StartupItalia ha inaugurato un nuovo format. I dossier sono una raccolta di articoli a firma dei giornalisti e giornaliste della testata. Il tema cambia ogni mese per intercettare i trend più interessanti legati a innovazione, tecnologia, lavoro e molto altro. Ogni dossier riassume il fenomeno in argomento ed è arricchito dai link ai nostri articoli e a quelli della stampa internazionale.
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Pubblichiamo questo dossier di StartupItalia a poco più di due mesi dall’esplosione del fenomeno ChatGPT. E a pochi giorni dall’annuncio che potrebbe sconvolgere il modo in cui gli utenti fanno ricerche online. Il search engine di Microsoft, Bing, è stato rinnovato e ripotenziato: ora ha la tecnologia di ChatGPT incorporata. Siamo sulla soglia di un Bing Bang? Facciamo qualche passo indietro per inquadrare il fenomeno e capire di più sull’ultimo trend dell’intelligenza artificiale.
In questo dossier, il primo che inauguriamo su StartupItalia, trovate tutti gli articoli che abbiamo pubblicato finora sul tema (e che scriveremo ancora: pare che l’AI faccia notizia). Il tutto arricchito da link della stampa internazionale.
In fondo all’articolo trovate la nostra selezione con rassegna stampa.
Chiedimi quello che vuoi…
Sono oltre due mesi che nell’ecosistema startup si discute di ChatGPT, il software di intelligenza artificiale che la società statunitense OpenAI ha reso disponibile gratuitamente, in tutto il mondo, il 30 novembre 2022. In pochi giorni il sito ha raggiunto 1 milione di utenti (Facebook, giusto per fare un paragone, impiegò dieci mesi per quel traguardo).
A cavallo tra il vecchio e il nuovo anno, un argomento tecnicamente complesso come l’intelligenza artificiale è diventato improvvisamente pop. Un numero crescente di persone ha chiesto di tutto a ChatGPT: scrivere articoli, suggerire ricette, abbozzare sceneggiature, mettere in pagina lo script per un video tenendo a mente uno specifico target di pubblico.
ChatGPT, le origini
today we launched ChatGPT. try talking with it here: https://t.co/uWra8LKFMN
— Sam Altman (@sama) November 30, 2022
Sam Altman, imprenditore e investitore con un passato alla presidenza dell’acceleratore californiano Y Combinator, è l’uomo dietro ChatGPT. Il 30 novembre 2022 ha pubblicato un tweet di annuncio: “Oggi abbiamo lanciato ChatGPT. Provate a parlarci“. La notizia ci ha messo qualche giorno prima di arrivare anche in Italia dove, ai primi di dicembre, la stampa di settore e mainstream ha iniziato a scrivere di questo software gratuito. Accedendo al sito ufficiale, si clicca sul bottone “Try ChatGPT”, ci si logga con le proprie credenziali e si atterra sull’homepage. Tra i primi a rimanerne stupito, l’ex uomo più ricco del mondo, cofondatore di OpenAI: Elon Musk.
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AI is getting really good https://t.co/OwQgDi4wun
— Elon Musk (@elonmusk) December 1, 2022
Elon Musk, Ceo di Twitter, ha pubblicato un post sostenendo che l’intelligenza artificiale stia davvero migliorando. L’imprenditore sudafricano non è un soggetto disinteressato alla materia. C’era anche lui quando OpenAI è stata fondata nel 2015.
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«Non è perfetto, ma è più semplice che cercare su Google», è la frase tipica che diversi utenti hanno pronunciato e dichiarato alla stampa. Se è vero che per capire l’utilità e lo scopo di social network come Facebook ci sono voluti anni, con piogge di critiche contro piattaforme dove aziende e professionisti – si pensava – non era utile investissero tempo e risorse, è ragionevole attendersi che sia ancora presto per capire cosa potremo fare con ChatGPT. Al momento ne stiamo utilizzando l’ultima versione – GPT-3.5 – e rumors parlano di un prossimo, anche se non confermato, arrivo di GPT-4 (forse già incorporato nel nuovo Bing?).
I problemi etici di ChatGPT
In meno di due mesi ChatGPT è stato sommerso da critiche, dalle più banali e prevedibili alle più costruttive e puntuali. La rivista Time ha pubblicato una inchiesta che documenta come una società partner di OpenAI, Sama (attiva in Kenya) tratti i propri lavoratori impegnati a insegnare all’intelligenza artificiale come distinguere nella galassia dei contenuti quelli violenti e xenofobi, ricevendo da OpenAI migliaia di documenti. Con una paga al di sotto dei 2 dollari al giorno (la media in Kenya è di all’incirca 1,5 dollari), queste persone hanno dovuto visionare materiale che li ha colpiti emotivamente: dalle esecuzioni agli stupri.
I problemi tecnici di ChatGPT
Non è la prima volta che una società innovativa statunitense si scontra con il ricorso a forza lavoro in outsourcing, spesso sottopagata. Ma questo non è l’unico problema per ChatGPT. C’è il nodo degli accessi: uno strumento gratuito, utilizzato da tantissime persone per lavoro (o gioco), si schianta con sempre più frequenti picchi di utilizzo, che impongono accessi contingentati al sito. Banalmente: con milioni di utenti collegati in tutto il mondo, il sistema ne tiene fuori una fetta perché non c’è spazio a sufficienza. Per tenere in piedi ChatGPT si legge che OpenAI bruci al giorno tre milioni di dollari.
Per ovviare a questa situazione OpenAI ha annunciato l’arrivo di un nuovo servizio a pagamento (20 dollari al mese) riservato per una prima fase soltanto negli Stati Uniti. Risposte più veloci, early access agli aggiornamenti futuri e, soprattutto, nessun problema con i server: chi pagherà potrà atterrare in ogni momento sul sito.
ChatGPT e il lavoro
ChatGPT spazzerà via milioni di posti di lavoro? Da quasi due mesi in molti se lo stanno chiedendo. In ambito giornalistico, per esempio, la discussione verte sulle possibili applicazioni di tecnologie simili per confezionare articoli in pochissimi secondi. Ma anche gli sviluppatori possono chiedere al software di dargli una bozza di codice da inserire poi in un sistema (un passo in più verso quello scenario zero code che permetterebbe a chiunque di maneggiare codici?). Le applicazioni di ChatGPT sono ancora in buona parte da sondare e al momento non esistono canali preferenziali.
Molti professionisti lo stanno utilizzando. Anzi, non si contano gli articoli che le testate hanno pubblicato, mostrando che cosa ChatGPT avesse scritto su un determinato argomento. Qui c’è un altro punto da analizzare: fa differenza se un articolo è scritto da una persona o da un’intelligenza artificiale, al netto della correttezza delle informazioni? Per alcuni potrebbe non fare differenza. D’altra parte la trasparenza è d’obbligo, in una fase ancora embrionale dell’AI.
ChatGPT e lo studio
Anche la scuola è stata interessata dal dibattito su ChatGPT. Sui social circolano un sacco di video di studenti che mostrano quanto il software faccia risparmiare tempo. «Addio compiti», ha twittato Musk rispondendo a un post dell’investitore Marc Andreessen che rilanciava una notizia proveniente da New York, dove le autorità hanno attuato misure per contrastare l’utilizzo del software tra i banchi. In quasi vent’anni di rivoluzione digitale il nostro accesso alla conoscenza è cambiato e in molti si chiedono che senso abbia proibire uno strumento.
It’s a new world. Goodbye homework!
— Elon Musk (@elonmusk) January 5, 2023
ChatGPT e Microsoft
Microsoft ha già investito 1 miliardo di dollari in OpenAI nel 2019. A inizio anno il gigante di Redmond ha confermato quanto da tempo si leggeva sulla stampa, ovvero un investimento pluriennale da 10 miliardi di dollari nella società di Sam Altman. La multinazionale guidata da Satya Nadella ha agganciato le potenzialità di ChatGPT al non fortunatissimo motore di ricerca Bing, per risollevarne così le sorti e lanciare la sfida contro Google.
ChatGPT e la guerra con gli altri. Da Google a Baidu
Da parte sua Google mantiene alta l’attenzione su quel che sta accadendo nel campo dell’intelligenza artificiale. Dopo i recenti annunci di licenziamenti in massa (12mila persone), diversi osservatori si sono chiesti se questo non abbia a che vedere con una nuova strategia per rispondere a ChatGPT. La questione è talmente seria che, dopo anni di relativa assenza dalla società, i due cofounder Larry Page e Sergey Brin hanno tenuto meeting con i vertici di Mountain View per capire se OpenAI possa essere o meno una concreta minaccia al dominio che la società ha costruito sul web da vent’anni a questa parte.
Il dossier di StartupItalia: i link per approfondire [In aggiornamento]
Dal nostro magazine:
- Quando tutto è cominciato: qui abbiamo scritto per la prima volta di ChatGPT
- La biografia di Sam Altman: chi è il fondatore di OpenAI e cosa ha combianto nella vita
- Microsoft torna a investire in OpenAI: pronti 10 miliardi
- La storia dello studente che vuole smascherare i testi scritti da ChatGPT per il bene del giornalismo
- Google licenzia 12mila dipendenti. C’entra qualcosa con ChatGPT?
- ChatGPT e la scuola italiana: le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara
- Un libro per non aver paura della tecnologia (e di ChatGPT)
- ChatGPT e, in generale, l’AI pensata per il giornalismo. Bene, ma non benissimo
- ChatGPT fa da spin doctor al Congresso USA
- ChatGPT a pagamento: 20 dollari al mese per cosa?
- Google corre ai ripari: ecco Apprentice Bard. Poteva andare meglio.
- ChatGPT non vota Trump? Il caso della poesia sul tycoon che il chatbot ha preferito non scrivere
- ChatGPT può battere Google, parola di Marco Trombetti.
Leggi anche: Tutto quel che abbiamo scritto su ChatGPT e AI
Dalla stampa internazionale:
- Dal Financial Times un articolo netto sul ruolo di ChatGPT per cambiare la scuola
- Da Futurism un articolo sul problema degli articoli scritti dall’intelligenza artificiale
- Dal Time un’inchiesta sulle condizioni di lavoro in una società partner di OpenAI
- Da The Verge un articolo sull’AI che diventa pop e mainstream
- Da YouTube, il content creator Marques Brownlee dice la sua sulle intenzioni di Microsoft in OpenAI
- Dal New York Times un articolo sulla paura che Google ha di ChatGPT
- Da The Atlantic un altro articolo sull’impatto che ChatGPT avrà su scuola e istruzione
- Da Semafor un articolo su ChatGPT che potrebbe salvare Bing, il motore di ricerca di Microsoft
- Da The Atlantic una riflessione: siete sicuri che l’AI ci farà lavorare di meno?